Il Salento, la più antica delle terre pugliesi, di certo la più tenacemente ancorata ai ritmi ancestrali della sua civiltà; un mondo spirituale complesso sin dalle origini, come testimoniano gli arcani simbolismi geometrici, umani e solari, le scene di caccia e di vita quotidiana delle antichissime pitture parietali rinvenute nelle grotte marine della “Zinzulusa”, “Romanelli”, del “Cavallo”, di Porto Badisco. É quella che un tempo veniva chiamata Terra d’Otranto, un insieme unitario anche se disomogeneo, culturalmente e linguisticamente più greco che latino, dove poche opulente cittadine, come Otranto, Gallipoli, Nardò, Galatina, spiccano su una miriade di piccoli centri abitati, nella maggior parte dei casi arretrati rispetto alla costa perennemente minacciata. Cuore aristocratico e pulsante è Lecce, una realtà colta creata dalla classe dirigente arricchitasi con la terra.
In prossimità del mare Adriatico, a Porto Badisco, è stato ritrovato un segno importantissimo per la storia del Salento.
Alcune decine di anni or sono, quasi per caso, è stata individuata una grotta naturale, la Grotta dei Cervi, di origine carsica che era stata rifugio dell’uomo preistorico nel Salento durante il periodo Neolitico. Il Salento è la regione più orientale d’Italia, è una terra di frontiera. Anche la sua storia ne è testimonianza sin dalle origini: la storia del Salento ha sempre incontrato quella dell’Oriente, fin dai tempi in cui la leggenda vuole che siano stati i Cretesi a fondare Lecce. E questo grazie anche al Mediterraneo, mare di estrema importanza per l’incontro di civiltà che su di esso si affacciavano.
Nell’età del Bronzo, la penisola salentina fu abitata da popolazioni indoeuropee giunte fino al sud attraversando le Alpi e proseguendo lungo la dorsale adriatica. Le decine di dolmen e di menhir che si trovano nel basso Salento sono una testimonianza di questo periodo, pur trattandosi solo di una piccola parte sopravvissuta a tante demolizioni.
I primi a stanziarsi in questa terra, attorno al V sec. a.C., furono i Messapi, dediti all’agricoltura, all’allevamento dei cavalli e alla lavorazione della ceramica. Queste popolazioni diedero un determinante impulso alla nascita delle città, che a quell’epoca si distinsero per la presenza di monumentali cinte murarie. Ma già nel VIII sec. a.C. coloni Greci avevano fondato, lungo la costa città come Gallipoli, Otranto, Taranto che sarebbero diventate i punti di riferimento della Magna Grecia, piccole capitali più prestigiose di quelle della madre patria.
Nell’area a Sud di Lecce esiste ancor oggi una sorta di “isola linguistica” e culturale dove ancora si parla il greco, anzi, il griko. L’area elienofona della Grecìa Salentina comprende nove Comuni (Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino), ma anticamente occupava tutta la fascia che si estende, ad arco, da Gallipoli ad Otranto.
In quest’area l’impronta greca è presente nell’architettura, nella musica popolare, nella gastronomia. Gli elementi greci, fusi con quelli salentini, hanno consentito uno sviluppo culturale autonomo, del tutto originale. Dopo la guerra tarantina, il Salento diventò provincia romana dal punto di vista amministrativo, ma non culturale. I Romani sfruttarono la sua posizione strategica ramificando le rete viaria proveniente dall’Urbe, facendo di Brindisi il capolinea dell’Appia e della Traiana e costruendovi porti come a San Cataldo e a Roca.
I contatti con la sponda balcanica furono intensi sino alle invasioni di Goti, Longobardi e Bizantini. Questi ultimi esercitarono per lunghi secoli il loro dominio, lasciando in queste terre un’impronta più indelebile che altrove. La lenta, ma costante penetrazione della Chiesa d’Oriente ne caratterizzò la vita religiosa, dapprima attraverso l’arrivo di individui isolati in fuga dalle persecuzioni religiose o politiche, più tardi col diffondersi del monachesimo,
in particolare quello ispirato a San Basilio. I Basiliani istituirono ovunque cenobi, raccogliendo intorno ad essi la popolazione divisa tra preghiera e lavoro dei campi. Altro capitolo importante è quello che vede il Salento al centro delle mire espansionistiche dei Turchi. Un avvenimento tristemente memorabile è quello che coinvolse Otranto, nel 1480 attaccata e saccheggiata da una poderosa flotta comandata da Ahmet Pascià, la cui resistenza venne punita con l’uccisione di ottocento abitanti. Fu questo uno degli episodi che diede l’avvio alla costruzione delle torri di guardia sotto gli Spagnoli. Realizzate a partire dal ‘500, sotto il regno di Carlo V, le torri costiere costituivano un sistema di avvistamento che consentiva di approntare difese di emergenza in occasione di incursioni dal mare. Queste torri sono tuttora visibili lungo gran parte della costa pugliese e il Salento, in particolare, conserva in buona parte integra la struttura delle costruzioni.
Nello stesso periodo, Lecce divenne una delle città più belle e importanti del periodo, seconda solo a Napoli come cuore pulsante delle attività culturali ed artistiche che, oltre ad attirare nobili e studiosi, diedero impulso alla definizione del suo volto barocco coinvolgendo anche l’immediato entroterra e irradiando su una più vasta arca la grazia, l’armonia, ma anche la forza dirompente e “bizzarra” del nuovo gusto. Favorito dal morbido, duttile calcare leccese (la “Pietra Leccese”), il barocco impreziosisce edifici civili e religiosi. Lecce e tutto il Salento si riempirono di putti, grifi, trabeazioni elaborate, balaustre ardite, realizzati nel marmo dei poveri. Nella Grecìa Salentina, Corigliano d’Otranto, Melpignano e Soleto costituiscono l’esempio più ricco di tale espressione d’arte. Una gara ad uno splendore sempre crescente nella quale si distinse il vescovo Pappacoda, al quale si devono alcuni fra i più insigni edifici. Sorsero in questo periodo accademie e si diffusero gli ordini religiosi, promotori di iniziative culturali al passo con i tempi.